This article by Richard Wolff was originally published in English and is also available in Spanish. Questo articolo di Richard Wolff è stato originariamente pubblicato in inglese e spagnolo.
Cari amici --
A quanto pare, siamo alla vigilia di un’amministrazione Trump. E adesso? Trump ha cavalcato la rabbia dei lavoratori contro gli ultimi quarant'anni del capitalismo: profitti record ottenuti grazie al taglio di posti di lavoro, salari, sicurezza e servizi pubblici. Per un cambiamento hanno votato contro l’establishment repubblicano e democratico. Ma il sistema non permetterà a Trump di apportare cambiamenti. In ciò consiste la nostra chance.
L’interminabile sforzo delle elezioni è finalmente finito (anche se la prossima già inizia a essere progettata dai candidati e dai loro sostenitori danarosi). Ora la nazione affronta i suoi propri problemi fondamentali, dopo che tanti di questi sono stati insabbiati dai “principali candidati” nel corso del lungo esercizio di distrazione di massa che è stata questa elezione.
Il tempo perso, come i miliardi delle campagne, sarebbe potuto essere impiegato in maniera più fruttuosa nella risoluzione di tali problemi, i quali non hanno fatto altro che peggiorare nel frattempo.
Il mondo è ancora alle prese coi postumi della crisi del 2008 - il secondo collasso globale del capitalismo in 75 anni - e la maggior parte degli economisti si aspetta un’altra recessione nel giro di 6-18 mesi. Poiché il periodo in cui ci troviamo iniziò negli Stati Uniti nel 2008 con il collasso dei mutui subprime, gli USA hanno una speciale responsabilità nel gestire l'instabilità economica e le sue ramificazioni in tutto il mondo. Eppure, nel corso della campagna, nessuno dei due candidati ha sollevato la questione. Come mai?
La diseguaglianza e l’instabilità economica e la politica dominata dal denaro - tutte condizioni che affliggono gli USA - originano da fondamentali decisioni economiche prese dai maggiori azionisti e dai consigli d’amministrazione delle multinazionali da loro eletti. Questi signori costituiscono il famigerato 1% e la loro posizione a capo del capitalismo contemporaneo conferisce loro un potere straordinario e dunque la responsabilità delle condizioni economiche. Quale altra modalità organizzativa potrebbe meglio servire a fini democratici? Un’economia di imprese democratizzate e organizzate cooperativamente sta crescendo in giro per il mondo. Ma i candidati in questa campagna presidenziale - ad eccezione di Bernie Sanders - hanno ignorato la questione. Perché?
Ricordiamoci che le elezioni oggigiorno sono parte integrante del sistema. Il potere dominante si interseca con la ricchezza dominante. Il sistema delle imprese private - e gli individui che arricchisce - truccano abitualmente il processo politico. I sistemi funzionano così.
È solo quando movimenti di massa d’opposizione si destano che le persone reimparano la prima delle grandi e antiche lezioni, cioè che il potere ultimo giace nel popolo. Quando avviene ciò, si pone la questione: le persone reimpareranno la seconda delle grandi e antiche lezioni, cioè che il potere del popolo è efficace solo se organizzato? A mio avviso abbiamo già’ iniziato.
Movimenti come Occupy Wall Street, Bernie e Black Lives Matter sono pietre miliari lungo il percorso durante il quale le persone oggi afferrano la prima grande e antica lezione. Costruendo su tutto ciò che hanno compiuto e sugli tentativi precedenti di andare oltre il capitalismo, noi a Democracy at Work ci concentriamo su quella seconda grande lezione. Il nostro scopo è facilitare l’informazione, la focalizzazione e in primis l’organizzazione di un popolo desto e in fermento. È questo che facciamo e che vi invitiamo a fare con noi.
Come sempre, vi ringraziamo per il vostro supporto a Democracy at Work. Saremmo onorati di conoscere i vostri pareri e le vostre riflessioni su come insieme possiamo generare questo slancio. Vi preghiamo di sapere quanto siamo lieti di avervi con noi all’interno di questo movimento.
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